Touch Cambodia with your hands

Per i viaggiatori wild.

È quando cerchi di pianificare il tuo percorso che succede qualcosa di inevitabilmente inaspettato.

Phnom Penh, Cambogia. Io, Elisa.

Appena terminata la visita dei fantastici templi del complesso di Angkor Wat, Siem Reap, ci mettemmo alla ricerca del metodo più veloce ed economico per ottenere il nostro visto per il Vietnam. E si, perché nel Sud Est Asiatico bisogna contrattare anche il prezzo di un visto.

Fu così che giungemmo nella capitale, Phnom Penh, alla ricerca della nostra ambasciata vietnamita.

L’ufficio era molto piccolo, non ispirava molta fiducia.
Ogni viaggiatore wild ha sempre con se tanti oggetti certamente utili, come una buona fotocamera, una carta di credito, vestiti (seppur pochi) e una cartina. Ma il bene veramente indispensabile non rientra tra questi. Quello da non perdere assolutamente è il passaporto!
Ansie e timori diventarono parte di noi, appena saputo che avremmo dovuto lasciare i nostri e riprenderli il giorno dopo. Fortunatamente, quel giorno, i passaporti erano ancora lì e con una pagina bianca in meno: avevamo il nostro visto, yeah!

Così, vittoriosi, facemmo ritorno al nostro ostello per capire come muoverci. Premetto che, volevamo destinare tutti i nostri risparmi per il viaggio in Vietnam. Iniziammo quindi a valutare l’opzione Couchsurfing, ovvero la possibilità di ottenere ospitalità grazie all’aiuto di internet, durante gli ultimi giorni di permanenza in Cambogia. Trovammo, con nostra sorpresa, un unico host vicino la capitale. Si trattava di un orfanotrofio, in un piccolo paesino ad un paio d’ore da dove ci trovavamo.

Avevamo capito bene? Volontariato in Cambogia?

Elisa siamo sicuri di quello che stiamo facendo?

Mai avremmo pensato di diventare parte di un’esperienza così avvolgente!

In mezz’ora avevamo già preparato i nostri zaini, andammo di corsa al mercato cittadino per non perdere l’ultimo Van giornaliero, che ci avrebbe portati al CPOC Orphanage.

Nella confusione del mercato trovammo, con difficoltà, il nostro Van, teoricamente di 9 posti. Facemmo alcune fermate all’interno della città, dove continuava a salire gente a bordo. Lasciammo la città in 23 persone, 2 galline e un trattorino caricato sul retro.

Guys, that’s your stop!- improvvisamente disse l’autista
–Here? Sure?- prontamente noi rispondemmo.

Fu lì, nel bel mezzo del nulla, che vi era questa piccola struttura con un grande giardino ad accoglierci.

Il primo giorno non fu semplice, ma dovevamo ambientarci in fretta perché avremmo passato lì solamente una settimana. Gli altri volontari, provenienti da ogni parte del globo, ci misero subito a nostro agio e ci presentarono tutti i bambini del centro, spiegandoci cosa avremmo dovuto fare.

L’intero centro ruotava intorno ad un pozzo, dal quale attingevamo l’acqua utile ad ogni attività della giornata. La mattina ci occupavamo dell’orto, il quale ci forniva nutrimento per i tre pasti giornalieri a base di riso, noodles e verdure. La mattinata proseguiva con delle lezioni basilari in lingua inglese ai bambini. Ricordo con piacere l’argomento della prima giornata: come leggere un orologio. Fu decisamente coinvolgente e gratificante sia per noi volontari, sia per i bambini.

Lavare i panni, lavori di bricolage, nutrire alcuni animali del centro, fu veramente divertente e da questi momenti scoprimmo anche noi cose nuove. Addirittura io e Elisa escogitammo un metodo alternativo per fare la doccia. Riciclammo un innaffiatoio per le piante che, appeso al ramo di un albero, diventava una vera e propria doccia comoda e veloce.

Il penultimo giorno fu il più spassoso per me. Mi inoltrai nelle campagne adiacenti al centro e scoprì un piccolo lago naturale. Pensai che sarebbe stato divertente portarci tutti i bambini. Così, corsi indietro al centro e, una volta raccontatolo, loro vollero subito andarci. Feci letteralmente “volare” i bambini nell’acqua del lago e, come se non bastasse, loro, entusiasti,  ne volevano sempre di più!

La nostra ultima giornata nel centro si concluse con una serata di karaoke. Un ragazzo francese, Dimitri, aveva con se una chitarra e insieme a tutti i bambini e volontari cantammo delle canzoni.

Finita questa settimana, alle prime ore del nuovo giorno, ci mettemmo in strada con un pollice all’insù, aspettando qualche anima buona che ci desse un passaggio fino a Kampot, Cambogia meridionale, ed arrivare così al confine della nostra nuova avventura. Il Vietnam.

È indescrivibile vedere con i propri occhi il bene che vince sul male. Impensabile come il mondo sia così pieno di persone pronte ad aiutare il prossimo senza aspettarsi nulla in cambio. L’unica merce di scambio fu il sorriso e lo star bene in quest’unica vita che ci è stata concessa.

Quello che più ci colpì di quest’avventura fu che nulla di tutto ciò era stato previsto. Tutto accadde così, senza un perché, forse per destino, forse perché dovevamo farlo.

E noi lo facemmo.

Simone Mercaldi

E’ da Kampot poi che proseguirà il nostro viaggio verso il Vietnam–>Metodi alternativi per raggiungere il Vietnam.

Per chiunque volesse intraprendere un’esperienza di volontariato per aiutare persone più sfortunate di noi, voglio dire che è molto semplice. Basta veramente un po’ di forza di volontà, perché possiamo, insieme, cambiare completamente il nostro modo di pensare.

Potete entrare in contatto con l’orfanotrofio direttamente sulla pagina dedicata CAHCC Happyland e parlare direttamente con Ivan.

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